Reciprocità e disponibilità
Occorre riflettere sul limite alla propria disponibilità al dono del proprio tempo e all’agire benevolmente verso gli altri, dapprima per essere da esempio ai propri figli e poi per promuovere migliori e sane relazioni sociali.
Il concetto cardine è la reciprocità, divenuta funzionale alla teoria sociologica che individua in quello che Georg Simmel definiva il “servizio di ritorno”, una delle condizioni necessarie al conseguimento della coesione sociale, proprio nella natura stessa delle interazioni, in cui le azioni di un individuo sono ricambiate da azioni simili o complementari da parte degli altri: la mutua interazione e risposta tra gli individui.
Però se da una parte la reciprocità può creare un senso di coesione sociale e identità collettiva, dall’altra può anche generare tensioni e conflitti quando non viene mantenuto un equilibrio o un’armonia adeguati nelle relazioni interpersonali. La reciprocità, infatti, si caratterizza per la presenza di uno scambio tra due parti, che hanno uguali diritti e doveri, che però possono essere più o meno bilanciati.
Sono tre gli elementi che caratterizzano nella pratica quotidiana il funzionamento sociale della reciprocità: l’insieme di credenze e percezioni, lo scambio contingente di servizi o benefici, il valore che il contesto sociale attribuisce alla stessa reciprocità.
Quindi ritengo che oggigiorno sia necessario riflettere sulle proprie azioni di disponibilità, quando dai qualcosa o fai qualcosa per qualcuno, proprio al cospetto della reciprocità.
C’è un vero e proprio circuito a tappe della reciprocità.
Dapprima si genera la gratitudine del nostro destinatario, che si trova in una nuova condizione di attendersi ancora qualcosa, anticipando addirittura il contenuto del rapporto, e si creano delle aspettative di ricezione poiché crede di meritare il dono, convinto di continuare a riceverlo gratuitamente.
Ecco il problema educativo: si crea dipendenza, poiché il nostro interlocutore sente di non poter più fare a meno di quello che sta ricevendo, senza porsi il problema di ricambiare, di reciprocare.
E non è finita: l’ultima tappa del circuito della reciprocità inizia quando chi offre in dono il proprio tempo e l’agire benevolo si accorge proprio della persistente assenza del servizio di scambio e non ce la fa più, smettendo le proprie azioni. Allora c’è il risentimento e odio, l’interlocutore si arrabbia perché non gli dai più quello del quale ha bisogno e che era stato abituato a ricevere, in quella dipendenza, che credeva di meritare.
Occorre trovare il limite al dare e al fare in assenza di reciprocità, perché chi riceve non conosce limiti nel ricevere.
20 marzo 2024 Vincenzo Longo